27 ottobre 2019

Preghiera congiunta per la lunga vita della reincarnazione del Kunzig Shamar Rinpoche, composta da Trinley Thaye Dorje e Ogyen Trinley Dorje.


Preghiera per la lunga vita della reincarnazione del Kunzig Shamar Rinpoche

Nella vastità del Dharma, l'ampio cielo
di gioia e vacuità immutabili,
Lei conferisce la gloria della vita,
la pura essenza di pace ed esistenza,
attraverso la manifestazione dell'incessante
rete magica.
Possa la Bhagavati Tara, la Ruota che esaudisce i desideri,
concedere buoni auspici!

Tu possiedi il tesoro dei segreti
di corpo, parola e mente
del Karmapa, che incarna
l'attività di tutti i vittoriosi.
Tu sei il nirmanakaya
Mipham Gargyi Wangchuk,
l'insegnante e lo studente inseparabili –
possa tu vivere a lungo! 


Possano le istruzioni essenziali dell'autentico lignaggio
di realizzazione fluire nella tua mente.
Possa tu essere ricco dell'oceano di qualità
sia dello studio sia della pratica.
Possa tu portare alla maturazione e alla liberazione gli esseri
che ti vedono, ti sentono o ti ricordano.
Possa tu vivere a lungo come il Lama,
fondamentale per tutti coloro che stabiliscono una connessione. 

Possa io, in questa nascita e in tutte le mie vite,
seguire il Karmapa e i suoi figli del cuore inseparabilmente,
portare a termine ogni mia intenzione in accordo con il Dharma
e infine fondere la mia mente con le loro come una cosa sola. 


Come un'alba che si avvicina rapidamente, la reincarnazione dell'onnisciente detentore della Corona Rossa, Mipham Chökyi Lodrö, si manifesterà presto. Con il fervente auspicio che possa vivere a lungo, che la sua attività possa prosperare e che attraverso la forza di quest'ultima gli insegnamenti del Lignaggio della Pratica Karma Kamtsang possano essere uniti, noi due, conosciuti come Ogyen Trinley e Thaye Dorje, abbiamo scritto questa preghiera insieme. L'abbiamo conclusa con le autentiche parole di Gyalwang Mikyö Dorje ad adornare la strofa finale. Possa questo testo essere di aiuto nella diffusione degli insegnamenti e nel portare felicità agli esseri, e possano i buddha e i bodhisattva fare in modo che sia così. 


La preghiera è stata composta in Europa il ventiduesimo giorno dell'ottavo mese dell'anno del Maiale – Femminile – di Terra, secondo il calendario tibetano (20 ottobre 2019). 


Tradotto da C.R.

20 ottobre 2019

La mente in ritiro: Milarepa e la perseveranza nella pratica di meditazione


«Dopo aver impartito numerosi insegnamenti e iniziazioni al suo figlio spirituale [Gampopa], il Maestro [Milarepa] dovette prepararsi a lasciare il suo discepolo e a fare ritorno a Chu dbar, mentre Gampopa da parte sua sarebbe andato verso la regione di dBus nel Tibet Centrale. Quando ormai il discepolo aveva già attraversato il fiume ed era a una distanza da dove avrebbe appena potuto udire la voce del Maestro, ecco che quest'ultimo lo richiamò indietro, promettendogli un ulteriore e particolarissimo insegnamento. Disse Milarepa:

"Anche se le istruzioni orali si devono dare con parsimonia, se non le do a te a chi altro potrei darle? Quindi te le trasmetterò".
Pieno di gioia Gampopa disse: "Devo allora offrire un mandala?". "Non c'è bisogno di offrire mandala. Tu tieni soltanto bene a mente questo insegnamento" rispose Milarepa. Egli sollevò la veste e mostrò il sedere completamente coperto da file di calli, dicendo: "Non esiste istruzione più profonda oltre a quella di meditare. Io da parte mia ho meditato e meditato e il sedere è diventato così come lo vedi, ma è in questo modo che ho generato qualità stabili nel mio continuum mentale. Esercitati anche tu a meditare con perseveranza".

La perseveranza nella pratica di meditazione diventa dunque il carattere che segna l'insegnamento di Milarepa, la preziosa dottrina che egli consegna al suo figlio spirituale Gampopa attraverso una metafora, come si è visto, potente e trasgressiva al tempo stesso.»


Carla Gianotti
Tratto da Milarepa - Il Grande Sigillo. La conoscenza originaria di Mahāmudrā
Il testo in corsivo è tratto da Rus pa'i rgyan can – rNal 'byor gyi dbang phyug chen po mi la ras pa'i rnam mgur
Immagine: stupa presso una delle grotte di Milarepa, in Nepal
C.R

12 ottobre 2019

Il soggetto della percezione sperimenta se stesso




«I momenti in cui il soggetto della percezione sperimenta se stesso attraverso il flusso dei propri concetti colgono impreparata la mente non allenata nella pratica meditativa. Questi momenti sono come dei raggi di sole che appaiono improvvisamente tra gli squarci delle nuvole delle abitudini e delle aspettative. Chi vive in modo buddhista, accumulando impressioni buone e piene di significato, svuotando la coscienza deposito da tutto ciò che c’è d’indigesto, coglie sempre più spesso i bagliori di una condizione assoluta. A partire dal momento in cui viene a cadere l’idea di un “io” realmente esistente e non ci si sente più il bersaglio di tutto ciò che succede, la crescita è assicurata. Da lì in poi il realizzatore si avvicina sempre di più al proprio centro interiore fino a giungere alla fusione di soggetto, oggetto e azione. Allora ci sarà solo significato senza fine.»


Lama Ole Nydahl
Tratto da Il Grande Sigillo
Photo credit: Tokpa Korlo

2 ottobre 2019

Messaggio di Sua Santità il XVII Gyalwa Karmapa Thaye Dorje per l'anniversario della nascita di Gandhi e la Giornata internazionale della nonviolenza


Cari amici di Dharma,

oggi celebriamo il centocinquantesimo anniversario della nascita del bodhisattva Gandhi Ji. 

La vita e l'eredità di Gandhi Ji contengono molti insegnamenti sui quali è di beneficio riflettere in questo giorno. 

Da più punti di vista, l'umanità oggi sembra essere di fretta. Con il ritmo della globalizzazione, dei cambiamenti tecnologici e di altri fenomeni contemporanei, corriamo costantemente il rischio di distrarci e di perdere di vista ciò che è di massima importanza. Gandhi Ji ha vissuto una vita semplice. Ogni volta che pregava, pregava e basta; ogni volta che andava a fare quattro passi, camminava e basta; ogni volta che mangiava un pasto, mangiava e basta. La sua consapevolezza e presenza mentale nel momento presente, il non essere distratto da quello che stava facendo, è qualcosa da cui molti di noi nella società moderna potremmo imparare. Gandhi Ji ha evitato gli estremi e ha vissuto una vita di moderazione, gentilezza e rispetto. 

Questa gentilezza e questo rispetto erano estesi a tutte le persone, a prescindere dal loro status sociale o background. Quando Gandhi Ji parlava con un politico, lo faceva con gentilezza e rispetto; quando parlava con un bambino per strada, lo faceva con gentilezza e rispetto. Come buddhisti, crediamo che non ci siano differenze fondamentali tra gli esseri umani. Gandhi Ji viveva questa convinzione. La sua vita è stata una preghiera durata settantotto anni per l'uguaglianza, l'amore e la verità.

Ed è la satyagraha ("tenere stretta la verità"), il movimento globale di nonviolenza a cui Gandhi Ji ha dato il via e che è nato dalla sua convinzione nella ahimsa (rispettare tutte le cose viventi ed evitare la violenza), la cosa che è forse più rilevante oggi. Vivere una vita di nonviolenza in pensieri, parole e azioni è una delle nostre sfide più grandi oggigiorno. 

La verità, come Gandhi Ji ha mostrato nel corso di tutta la sua vita, spesso è abbastanza semplice. Vivere in modo semplice. Evitare gli estremi e agire con gentilezza amorevole. Trattare tutti gli altri come vorremmo essere trattati noi stessi. Essere disciplinati nella pratica spirituale. Essere un esempio di verità e giustizia per mezzo della nonviolenza. Queste verità prendono vita grazie all'azione, attraverso l'essere un esempio. Nella storia ci sono pochi esempi e modelli più grandi del bodhisattva Gandhi Ji. 

In questo giorno, mentre riflettiamo sull'eredità di Gandhi Ji, possiamo anche noi essere esempi di verità, gentilezza e nonviolenza. 


Con compassione,

Thaye Dorje
Sua Santità il XVII Gyalwa Karmapa


Tradotto da C.R.