«Nel Buddhismo il punto di riferimento principale viene chiamato "prendere rifugio" e include tre aspetti. L'espressione "prendere rifugio" in parte rappresenta in modo errato il suo significato letterale. In tibetano riguarda più precisamente l'andare verso una protezione – quella del Buddha, dei metodi e di tutti coloro che li hanno realizzati e messi in pratica. Nella nostra vita niente e nessuno può offrire una protezione materiale, esterna che sia permanente e stabile. [...] [La protezione che offre il rifugio] è differente da quelle con cui abbiamo già familiarità perché non opera dall'esterno: dobbiamo stabilirla dentro noi stessi.
Il Buddha, i suoi metodi e coloro che li hanno realizzati (che li personificano e li trasmettono) costituiscono i punti di riferimento e un principio guida che dobbiamo integrare nelle nostre vite quotidiane Non c'è alcun limite in termini di età, condizione fisica, capacità intellettuale, classe sociale o genere; il rifugio è universale ed è a disposizione di tutti. Il messaggio è semplice ma capirlo può richiedere del tempo, e questo dipende da ognuno di noi. [...]
Prendere rifugio nel Buddha, nei metodi (in altre parole il Dharma) e nel sangha (la comunità dei praticanti) non è una pratica riservata ai principianti o a uno specifico momento della giornata. Non si tratta di una frase che ripetiamo, ma di un riferimento che dobbiamo tenere in mente, qualsiasi cosa stiamo facendo. É in questo modo che il rifugio si sviluppa, smette di essere un punto di orientamento esterno e diventa integrato nelle nostre vite e nelle nostre menti. La qualità di essere presenti in quello che stiamo facendo cambia in modo impercettibile; una direzione si radica spontaneamente dentro di noi attraverso il semplice fatto di essere vigili e richiamare il rifugio. Il progresso avviene in questo modo, senza fasi definite o livelli distinguibili, ma piuttosto nelle piccole cose della quotidianità, nel collegamento tra la vita e il cuscino.»
Prendere rifugio nel Buddha, nei metodi (in altre parole il Dharma) e nel sangha (la comunità dei praticanti) non è una pratica riservata ai principianti o a uno specifico momento della giornata. Non si tratta di una frase che ripetiamo, ma di un riferimento che dobbiamo tenere in mente, qualsiasi cosa stiamo facendo. É in questo modo che il rifugio si sviluppa, smette di essere un punto di orientamento esterno e diventa integrato nelle nostre vite e nelle nostre menti. La qualità di essere presenti in quello che stiamo facendo cambia in modo impercettibile; una direzione si radica spontaneamente dentro di noi attraverso il semplice fatto di essere vigili e richiamare il rifugio. Il progresso avviene in questo modo, senza fasi definite o livelli distinguibili, ma piuttosto nelle piccole cose della quotidianità, nel collegamento tra la vita e il cuscino.»
Lama Jigme Rinpoche
Tratto da The Handbook of Ordinary Heroes
Tradotto da C.R.
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