1 aprile 2015

Buddhismo e felicità

In occasione della Giornata Internazionale della felicità (20 marzo 2015), promossa dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, Sua Santità il XVII Karmapa Trinley Thaye Dorje ha tenuto un insegnamento sulla concezione buddhista della felicità.
 
 
 
 
Celebrare un giorno dedicato alla felicità ci offre un'opportunità per ricordare a noi stessi che uno dei desideri primordiali che tutti gli esseri senzienti condividono è il desiderio di essere felici. Sebbene noi esseri umani possiamo non avere grande esperienza nell'individuare esattamente cosa sia la felicità, o nell'identificare i mezzi e i metodi che ci permettono di svilupparla, nondimeno l'aspirazione di trovare la felicità è sempre presente. Studiando un testo come il Bodhicaryāvatāra ("Lo stile di vita del bodhisattva") di Shantideva, possiamo imparare molto su quali sono le cause della felicità secondo la visione buddhista: coltivare qualità inerenti come la bodhicitta, la compassione e la gentilezza amorevole, porta a quello che potremmo definire un tipo di felicità senza tempo o duraturo.
 
Che cos'è la felicità?
 
Dobbiamo innanzitutto sottolineare la differenza tra il modo in cui la felicità viene intesa nella concezione buddhista e la sua accezione ordinaria; anche se descriviamo la comprensione buddhista della felicità in modo piuttosto diverso rispetto al significato comune, tuttavia possiamo dire che in termini molto semplici la felicità è qualcosa che tutti stiamo cercando. In generale, la parola felicità viene riferita a qualsiasi esperienza gradevole, positiva, o rassicurante. Possiamo però arrivare a comprendere più a fondo la felicità e possiamo chiarire cosa sia, se pensiamo a cosa significa per tutti noi. Ha semplicemente a che fare con la soddisfazione di bisogni basilari, come bere un bicchiere d'acqua quando si ha sete? O si tratta di qualcosa di piacevole, come prendere un tè o un caffè a mezzogiorno? Possiamo mettere in discussione la visione abituale dell'essere felici, chiedendoci se siamo soddisfatti da questo genere di felicità o se invece possa esserci qualcosa di più. Dobbiamo porci questa domanda cruciale: questo tipo di felicità ordinaria è soggetto a cambiamento? Se è così, allora dobbiamo mettere energia nel mantenere questa condizione, ma questo può essere faticoso e col tempo può diventare un peso e, a quel punto, non si tratta più di felicità.
 
Le cause della felicità
 
Cercando la felicità all'esterno, potrebbe essere molto difficile trovarla, e potremmo inoltre perderci in distrazioni visto che ci sono così tante cose attraenti nel mondo. Se invece cerchiamo dentro di noi, è molto più facile, meno stancante. In ogni caso, è importante avere la giusta attitudine: dobbiamo intraprendere questa ricerca con meno emozione, cioè con un atteggiamento meno giudicante e critico. Se cerchiamo dentro di noi, arriveremo a capire che le manifestazioni positive e cortesi sono la fonte della felicità che scaturisce da qualità virtuose come gentilezza amorevole, pazienza e generosità. Scopriremo che queste qualità sono inerenti, che esistono già dentro di noi sotto forma di potenziale. Che lo sappiamo o meno, siamo sempre alla ricerca di modi per esprimere questo potenziale. Per esempio, se una persona si trova a confrontarsi con una tragedia o è confusa, dentro di noi si manifesterà un istinto naturale e sentiremo di dover fare qualcosa. Dato che queste qualità sono innate e cercano costantemente di essere espresse, sono la base di una felicità senza tempo o duratura, non soggetta a cambiamento.  
 
Coltivare la felicità attraverso la pratica del Dharma
 
Quando pratichiamo i metodi che fanno parte del Buddha-Dharma, quando riflettiamo o meditiamo su di essi, vediamo che mirano ad aiutarci a trovare le cause della felicità. Tutti gli elaborati aspetti ritualistici o cerimoniali delle meditazioni sono semplicemente mezzi abili per ispirarci e dare alla pratica un senso di chiarezza, e tutte le persone tra voi che praticano il Dharma comprendono i benefici della meditazione. Tuttavia, ricercare e realizzare la felicità è qualcosa che può essere praticato e attuato da chiunque, indipendentemente dall'orientamento religioso o filosofico. Pertanto, vorrei incoraggiare tutti a coltivare la felicità, e a stimolare anche gli altri a farlo: se utilizziamo il nostro tempo per sviluppare la felicità, infatti, questo lascia un'impressione positiva sugli altri e può dar loro l'ispirazione per fare lo stesso.
 
 
 
 
Il ruolo dell'ispirazione e della curiosità nella ricerca della felicità
 
La felicità è raggiungibile: è con questo atteggiamento che dobbiamo praticare. I buddha e i bodhisattva sono la prova che possiamo conseguire una felicità duratura, e possono quindi essere la nostra ispirazione, l'esempio che dobbiamo seguire. Una delle ragioni per cui sono il massimo modello per noi non è la condizione che li caratterizza in questo preciso momento: a ispirarci è invece la condizione da cui sono partiti, che è esattamente la stessa in cui ci troviamo noi. Infatti, hanno cominciato molto semplicemente e senza tanta esperienza, ma con la medesima consapevolezza che esiste la felicità e che la felicità è raggiungibile. Ma come possiamo ottenerla? Con la curiosità. I buddha e i bodhisattva condividevano la stessa curiosità che tutti abbiamo, ed è questo che trovo così stimolante. Quindi, se pensiamo in questo modo, guardandoci attorno vedremo molte fonti di ispirazione, e saremo probabilmente in grado di rapportarci in modo diverso alla nostra famiglia, agli amici, ai colleghi, e ai conoscenti. Percepiremo in tutti gli altri segni visibili del fatto che cercano sempre di esprimere compassione, generosità, pazienza e tutto quel genere di cose, ma forse senza sapere davvero come farlo. E' un po' come una persona che non può parlare e che tenta di dire qualcosa, che vuole comunicare un qualche messaggio ma non ci riesce.  
 
L'importanza di sviluppare la consapevolezza di sé nella ricerca della felicità
 
Quelli tra voi che conoscono i metodi insegnati dai buddha e dai bodhisattva non avranno bisogno di molte spiegazioni: non dovete far altro che praticare continuamente lo stesso metodo con impegno ed entusiasmo. Nel coltivare la felicità, tuttavia, può darci ispirazione anche ricordare le nostre esperienze e riflettere semplicemente su di esse, senza essere influenzati dalle emozioni di disturbo. Va però detto che non saremmo in grado di farlo sulla base della rabbia, dell'attaccamento o di una mancanza di comprensione: dobbiamo come prima cosa calmare la nostra mente, in modo che sia tranquilla, rilassata e non riscaldata dalle emozioni. Poi, per cominciare, pensiamo semplicemente alle esperienze che abbiamo fatto nelle ultime ventiquattro ore, senza essere critici. A quel punto, saremo in grado di fotografare esattamente cosa è successo, iniziando a riconoscere cos'è la felicità e quali sono i metodi per svilupparla, comprendendo allo stesso tempo quali sono gli ostacoli. Perciò, è come prendere consapevolezza da sé, senza dipendere da qualcun altro o qualcos'altro.
 
Per concludere, vorrei incoraggiare tutti voi a mettere in atto questo insegnamento, e offrirò le mie preghiere e aspirazioni per far sì che tutti possiate realizzare una felicità senza tempo.


XVII Karmapa Trinley Thaye Dorje

Fonte: http://www.kibi-edu.org
Tradotto da C.R.


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