18 ottobre 2018

La meditazione come laboratorio


«Potremmo paragonare la meditazione buddhista a un laboratorio che offre i migliori strumenti possibili per esaminare la propria mente in dettaglio. Non sussiste alcun ragionevole dubbio rispetto al fatto che tutti gli eventi sono correlati tra loro, e non è possibile osservare le cose presenti nel mondo esteriore senza cambiarle. Anche guardare all'interno, verso i processi mentali dove agiscono le stesse leggi, è allo stesso modo scientifico. In entrambi i casi, un gran numero di fattori differenti si influenzano gli uni con gli altri, ma il Buddhismo aggiunge la dimensione dell'illuminazione.
Riconoscere che c'è un centro immutevole, uno spazio che osserva – la mente – porta beneficio; la mente è consapevole e ci dà una visuale assoluta di ciò che sta accadendo. Questo principio non è rintracciabile in nessun'altra disciplina e apporta una trasformazione imponente, tipica e unica, cioè riscontrabile solo nel Buddhismo. Meditando sempre più iniziamo a renderci conto di ciò che è tra i pensieri, dietro i pensieri, che conosce questi pensieri; si tratta di un processo di per sé completamente soddisfacente, ricco e meraviglioso. Questa crescente esperienza della mente come perfetta in se stessa – indipendente quindi da pensieri, emozioni o da qualsiasi altra cosa – fa emergere un'esperienza di durevole sicurezza. Non c'è alcun altro oggetto, nessun'altra meta.
Ciò che è davvero interessante è quel potenziale che rende possibili i pensieri, quella chiarezza che conosce e comprende, e quell'essenza illimitata nella quale i pensieri di nuovo scompaiono. Quindi gradualmente il fatto stesso per cui abbiamo i pensieri, i sentimenti, e innumerevoli altre qualità – questa forza, ricchezza e potenziale della mente – guadagna importanza rispetto alle sfumature aggiuntive di tipo emotivo, difficili o piacevoli, che i pensieri e i sentimenti possono avere.»


Lama Ole Nydahl
Tratto da Forma e vacuità – Buddhismo e scienza

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