1 aprile 2011

24-26/03: weekend a Torretta. Report


24 marzo 2011: una delegazione di Bergamaschi Adamantini si mette in viaggio alla volta di Torretta, nell’entroterra ligure. La missione: potare gli ulivi nella proprietà di Dieter, un Kagyu tedesco intenzionato a stabilirvi una nuova sede della Via di Diamante. Potare ulivi? Ma ne siamo veramente capaci? Per un insondabile destino, i bergamaschi non possono che essere attratti da qualcosa che ha a che fare con il “pota”. Amici del Sangha e parenti vari ci affidano una missione secondaria: portare a casa focaccia e chinotto.
Superato lo stressante traffico milanese, e superata una serie infinita di lavori in corso in Liguria, dopo qualche pausa (caffè+sigaretta+merenda), e dopo essersi persi nei paesini, i Nostri arrivano finalmente da Dieter. Ci prende un mezzo infarto nel constatare quanto sia grande l’estensione di terra, e soprattutto la notizia che gli ulivi sono 90!!!
Fortunatamente, Dieter ha immaginato la nostra totale ignoranza e incapacità nel settore, e ha pensato di affiancarci un suo amico ligure, Alfredo, esperto olivicoltore, preziosa fonte di spiegazioni e aneddoti. Innanzitutto ci racconta che il primo a potare non è stato un essere umano bensì un asino, mangiucchiando i rami delle piante. Beh, se l’ha fatto anche un asino possiamo farcela anche noi, no?! No?!
Ci mettiamo al lavoro: nel giro di 3 giorni riusciamo a tagliarci con gli attrezzi, rovinarci braccia e gambe nei rovi (e mettere i pantaloni corti non aiuta, vero?), abbronzarci ai limiti dell’ustione, farci mordere da insetti, Paolo si ritrova nelle mani e nei guanti spine di una pianta extra-terrestre intelligente, Carlo perde quasi un piede a causa del “podet” sfuggito dalla mano di Alfredo. So che non ci fa onore, ma l’ultimo giorno diventava difficile reggersi in piedi, continuavamo a scivolare sull’erba e sembravamo i protagonisti di una comica degli anni ’10.  
La Rocca di San Fedele:
costruita dal Conte, smontata dagli abitanti
Il posto: stupendo. Davvero complimenti a Dieter, che ci racconta di aver comprato la proprietà praticamente alla cieca, essendo da tempo abbandonata e quindi con una vegetazione da giungla. Colline ricoperte di ulivi (ahinoi), punteggiate da minuscoli agglomerati di case, il tutto appena dietro al mare. Un silenzio totale, pacificante, interrotto solo dal chiamarsi di uccelli e altri animali, con il sottofondo dello scorrere di un fiumiciattolo giù nella valle. Ti siedi nel bosco, senti solo il rumore del tuo respiro, in qualche modo senti che tutte le cose respirano insieme a te, e diventa così facile comprendere che ogni atomo vibra di gioia ed è tenuto insieme dall’amore. E una quantità di stelle che lascia senza fiato, inconcepibile per chi è abituato alla grigia pianura padana, così tante da far luce.

La Chiesa di San Gerundio:
10.000 mq per 20 abitanti
La missione? Beh, era molto al di là delle nostre potenzialità, soprattutto tenendo conto della breve permanenza: qualche ulivo è stato potato, e abbiamo fatto una pulizia generale con annesso falò.
Ma soprattutto: focaccia e chinotto? Ehm…noi ci abbiamo provato, ma i negozi liguri (quanto meno quelli che abbiamo trovato) fanno un orario strano, chiudendo dopo pranzo e riaprendo alle 17…ci attiriamo la collera di amici e parenti, che però sono contenti di vederci tornare più o meno sani e salvi.
Sulla via del ritorno siamo stanchi ma soddisfatti, e immaginiamo la futura piccola valle Kagyu…In particolare ipotizziamo un nuovo brand di olio Kagyu, con la pubblicità in cui Paolo salta la staccionata per far vedere che è in forma nonostante l’età, ma si incricca la schiena.
Un grazie a Torretta e un enorme grazie a Dieter per l’ospitalità! Ci chiamerà ancora per la raccolta delle olive, o abbiamo dato una pessima prova??

PS: la Rocca di San Fedele e la Chiesa di San Gerundio non si chiamano affatto così, ma sono state ribattezzate da Paolo




C.R.

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