17 maggio 2016

Il Buddhismo nella vita quotidiana: insegnare in una scuola elementare

Il Buddhismo nella vita quotidiana: insegnare in una scuola elementare
di John Christopherson
 
 
I praticanti del Buddhismo sanno che la pratica è intesa per essere parte integrante della vita quotidiana. Lo scopo del Buddhismo è influenzare ogni nostro singolo momento di esperienza, portando sempre più chiarezza, stabilità e fiducia, finché alla fine raggiungeremo uno stato illuminato: quello del Buddha.
 
 
 

Un lavoro sempre dinamico
Molti passano gran parte della vita adulta impegnati nella carriera a vari livelli. Pertanto è saggio trovare un impiego che sia significativo e piacevole. Il lavoro di un insegnante di scuola elementare è affascinante e offre, mettendo in pratica la saggezza buddhista, la situazione perfetta per sviluppare abilità. Per sua natura si tratta di un ambiente di lavoro sempre brioso, emozionante,  imprevedibile. I miei colleghi e io abbiamo l'onore di guidare lo sviluppo di giovani che stanno sbocciando, che un giorno potrebbero sostenere la società. Quest'ultima fa affidamento sulle istituzioni educative per formare la prossima generazione su una miriade di concetti, abilità e comportamenti. Nella vita di un individuo, la famiglia e altri elementi portano con sé uno slancio maggiore  rispetto a un qualsiasi anno scolastico, eppure gli insegnanti hanno un grande impatto.
Ci si aspetta che gli insegnanti di scuola elementare svolgano una vasta gamma di incarichi: educatore intellettuale, psicologo, istruttore comportamentale, assistente, moderatore, organizzatore di eventi eccetera. Non c'è fine a quanto la propria professione possa essere perfezionata, visto che ogni incarico comporta un'ampia gamma di abilità. È difficile immaginare una carriera più dinamica: agli insegnanti di scuola elementare viene richiesto di mantenere la consapevolezza costante dell'intera classe e, al tempo stesso, di dedicarsi a lezioni individuali oppure a piccoli gruppi, in modo da riconoscere l'attuale livello di comprensione dell'alunno, il suo livello successivo di potenziale e come guidarlo alla meta. Con una tale attività mentale non c'è possibilità di annoiarsi, è un costante stato transitorio e i giorni, i mesi e gli anni sono pieni di contatto umano,  profondo e significativo.
 
Allievi per natura
Durante gli ultimi anni scolastici, ho avuto il compito emozionante di educare ventisei bambini di sei e sette anni, cinque dei quali parlavano poco o nulla di inglese (per loro ho potuto usufruire di 45 minuti di assistenza al giorno). Può anche sembrare una classe non troppo numerosa ma è enorme se si considera il tipo di educazione, personalizzata, adeguata alla visione del mio distretto scolastico. La maggior parte delle classi di prima elementare della città ha infatti circa tredici alunni. Fortunatamente, era un gruppo straordinario. Grazie al notevole e premuroso livello di impegno delle loro famiglie, tutte di buona istruzione, amava imparare. Si tratta di famiglie che fanno scelte consapevoli, che danno priorità alla vita familiare e si concentrano sull'educazione dei figli anziché, per esempio, su guadagni maggiori o carriere intense che però portano via molto tempo. Dopo una formazione uguale per tutti all'inizio dell'anno scolastico, i bambini sono   impegnati in compiti autonomi, per esempio lettura a scelta libera, scrittura, o matematica – mentre io lavoro per brevi periodi di tempo principalmente con piccoli gruppi, in modo da individuare il livello successivo di comprensione. I giovani Einstein non si sono mai annoiati e hanno sempre voluto tenersi impegnati a sviluppare nuove comprensioni del proprio mondo. Dovevo sempre stare attento: il mio compito principale era di trovare modi per appagare la loro sete di apprendimento.
 
Vite difficili
Purtroppo non tutte le situazioni nelle classi possiedono queste qualità. Durante lo scorso anno scolastico, una parte del mio incarico consisteva nel lavorare su matematica e scrittura con dodici studenti, per due ore e mezza al giorno. Il tempo era poco e il gruppo piccolo, ma il lavoro  incredibilmente più pesante, dato che questi alunni venivano perlopiù da situazioni familiari precarie. Non era raro che avessero un genitore, un fratello o un altro parente stretto in prigione, e svariati fratelli e sorelle con una sola madre e tanti padri diversi. Alcuni alunni appartenevano a famiglie che smerciavano droga sotto casa, altri facevano i conti con povertà, mancanza di un'abitazione, abusi.
In una situazione del genere era molto difficile sostenere la crescita di bambini che, non avendo un intrinseco desiderio di svilupparsi, avrebbero preferito essere lasciati in pace. L'unico elemento tranquillo e stabile nelle loro vite era la scuola. Questi bambini soffrivano di frustrazione cronica, dolore e sensazione di impotenza. Semplicemente, non era possibile lavorare con loro nello stesso modo in cui lavoravo con i ventisei giovani dotati di pensiero indipendente che mi erano stati affidati.
I bambini in situazioni così difficili hanno bisogno di maggiore attenzione e sostegno rispetto a quanto può essere offerto in concreto nell'arco di un anno scolastico. Avendone preso atto, il mio scopo era far capire in modo chiaro la situazione, sapendo che altrove e in modo evidente non avrebbero ricevuto il messaggio: che solo loro potevano avere il controllo dei propri stati emotivi, che incolpare qualcun altro non avrebbe mai portato risultati soddisfacenti e che anzi, così facendo, avrebbero rinunciato al potere di agire in qualsiasi situazione si fossero trovati. In questo insegnamento è implicita la comprensione che il rispetto è fondamentale - una comprensione che fa chiaramente parte del curriculum scolastico.
 
Insegnamenti sul karma nell'ambiente di lavoro
Da queste due situazioni contrastanti possiamo vedere con quanta forza dominino le impressioni karmiche. Mentre è ragionevole che i bambini possano sentire di non avere il pieno controllo sulle proprie vite, dato che per la loro sopravvivenza dipendono ancora dai genitori o da altri adulti, l'analisi di opposte attitudini in merito alla responsabilità ci offre una visione di schemi comportamentali più ampia. Inoltre, ci dà la possibilità di vedere come siano già piantati i semi per la futura vita da adulti.     
È quasi impossibile per questi bambini, che in così tanti aspetti della vita sperimentano mancanze,  accettare il fatto che le proprie azioni abbiano un impatto così profondo sul futuro. Il rifiuto di ammettere responsabilità per la propria situazione, mantenendo la visione che qualcun altro sia la causa del problema, rende impotenti. Certo, come potrebbe una persona aver presa sui propri stati mentali, se qualcun altro ne ha il controllo? Forse la visione costante di assumersi la responsabilità è troppo sottile per una mente non allenata, ma tuttavia crea un'impressione potente. Sottrarsi abitualmente alle responsabilità fa sì che una persona creda sempre più di non avere il controllo, rinforzando così questo infelice circolo di frustrazione. Per quanto talvolta possa essere scomodo e insolito, prendersi la piena responsabilità è l'unico approccio logico. Per coloro che sperimentano un'abbondanza di sostegno fin da piccoli, è una comprensione abbastanza naturale. Inoltre, quando sbagliano, possono ammetterlo ed imparare dall'errore.
 
Qualità degli insegnanti
Il bravo insegnante di scuola elementare manifesta molte qualità degli insegnanti buddhisti. Entrambi vogliono sostenere lo sviluppo dei propri studenti e far emergere il loro potenziale. Entrambi devono avere pazienza e comprensione delle loro diverse velocità di sviluppo. Entrambi devono impiegare diversi tipi di mezzi abili per permettere agli studenti di sviluppare la loro personale comprensione ed esperienza. Inoltre, ovviamente, devono avere entrambi esperienza di ciò che stanno cercando di insegnare.
Esiste però una differenza chiave tra un insegnante di scuola e uno buddhista. Il primo insegna principalmente delle nozioni, radicate nel mondo condizionato. Il secondo, l'insegnante buddhista,  lavora soprattutto con una saggezza che è al di là delle condizioni, la verità assoluta che punta direttamente alla natura della mente.
 

"Un bravo insegnante di scuola deve concentrarsi sul potenziale degli esseri, piuttosto che sui loro limiti. Se siamo in grado di vedere il potenziale negli altri, siamo nella posizione di ispirare fiducia nel loro potenziale."
 

Relazione studente-insegnante
C'è una differenza fondamentale tra la relazione con gli studenti di un insegnante buddhista e quella di un insegnante scolastico. La relazione insegnante buddhista/studente è basata sulla scelta, mentre c'è davvero poca o nessuna scelta per la relazione insegnante/studente a scuola. Tuttavia, l'idea di incoraggiare il pensiero critico è presente anche in quell'ambiente produttivo che può essere la classe, nel senso che se un buon insegnante buddhista incoraggia i suoi studenti a esaminare criticamente, così fa anche un bravo insegnante nella propria classe. Se dovessi ridurre la griglia degli obiettivi educativi a un unico punto, questo sarebbe la capacità di pensare criticamente. L'istituzione educativa esiste per formare persone capaci e indipendenti. Se qualcuno è in grado di impiegare la consapevolezza critica in modo maturo, può farsi strada in ogni situazione che incontra ed essere così davvero libero.
 
Funzione dell'insegnante
Oggi, la scuola elementare non condivide la visione per cui gli alunni sono vuoti contenitori in cui l'insegnante riversa la conoscenza. Al contrario, c'è consapevolezza della complessità che ogni bambino porta a scuola, del fatto che ognuno abbia dei modi di comprensione unici e il bisogno di dedurre da sé il proprio significato. In altre parole, riconosciamo che non possiamo insegnare nulla all'alunno; possiamo solo fornire un sostegno, delle condizioni e un'eccellente impalcatura, che siano adeguati ad aiutarli nel progredire verso il loro successivo livello di comprensione. Per far bene tutto questo, si deve conoscere lo schema dello sviluppo concettuale di ogni specifica area di insegnamento. A che punto si trovi il livello di comprensione del bambino, quale sia il passo successivo, e come portarlo a quel punto, sono le tre domande guida del nostro insegnamento. È una comprensione cruciale, ma vale poco senza la visione corretta. Un bravo insegnante di scuola deve concentrarsi sul potenziale degli esseri, piuttosto che sui loro limiti. Se siamo in grado di vedere il potenziale negli altri, siamo nella posizione di ispirare fiducia nel loro potenziale. Questa visione è il punto di partenza. La conoscenza e i mezzi necessari vengono poi sviluppati nel momento in cui l'insegnante perfeziona la propria arte.
Un Lama, uomo o donna, dimostra in ogni momento la padronanza di questa visione. Riesce a vedere e incoraggiare il potenziale in modi che sono al di là della nostra comprensione. Supervisionando il progresso di una classe di alunni, abbiamo un'opportunità naturale di imitare  le  qualità del Lama. Mettere in pratica questa visione mi ha insegnato molto su quanto sia straordinario il mio insegnante. Mentre io ancora mi sforzo di concentrarmi sul potenziale dei miei alunni in ogni momento, il Lama non perde mai quella visione. La sua mente è così pura che le sue parole di incoraggiamento possono ispirare profondamente e far sviluppare i suoi studenti.
Far propria la visione che tutti gli esseri sono dei buddha ma ancora non se ne sono resi conto – accompagnata dalla comprensione che tutti gli esseri vogliono la felicità e desiderano evitare la sofferenza – funziona come base incredibilmente solida su cui fare affidamento come insegnante scolastico. Ci addestriamo a questa comprensione nella meditazione e nella pratica, sperimentandola nella vita quotidiana. L'insegnamento a livello assoluto che tutti gli esseri hanno la natura di buddha, ci fornisce una prospettiva che a sua volta guida le nostre azioni a livello relativo. L'allenamento ci ripaga, perché ci aiuta a comprendere i mezzi adatti per lavorare con ogni individuo. Alunni di soli sei anni capiscono quando un adulto li rispetta. Percependo il rispetto da parte dell'insegnante, sono più inclini ad aprirsi e lavorare sodo perché si fidano del fatto che l'insegnante ha ben presente il loro interesse e che ascolterà sinceramente quello che dicono.
Un altro modo in cui questa visione rende più efficace la relazione con l'alunno consiste nella libertà che offre all'insegnante. Poiché diamo sempre più fiducia alla nostra mente e motivazione, non dobbiamo più preoccuparci del politically correct, che non fa altro che soffocare il vero dialogo. Possiamo parlare apertamente con i nostri studenti, allenarli ad un atteggiamento produttivo e utilizzare qualsiasi mezzo necessario per far passare un messaggio. Inoltre ci libera dalla paura di fare complimenti sinceri che vengono dal cuore. Non è raro per me avere gli occhi lucidi davanti a una classe piena di alunni quando dico loro quanto a mio parere siano tutti grandiosi e quanto apprezzi l'opportunità di lavorare con loro.  
Ricordarmi di come sia essere bambino e relazionarmi al mondo degli alunni mi permette di coinvolgerli nell'apprendimento. Quando inizia la lezione, mi aspetto grande concentrazione e alta qualità, ma giochiamo anche molto. Finché gli alunni sono in grado di rimettersi in riga quando è necessario, possono esserci moltissimi momenti preziosi in cui tutti facciamo delle gran risate. Giocare con questi brevi momenti di caos (durante i quali rompo in genere una “regola” per tenerli a bada) è estremamente efficace per aiutare i bambini a ottenere di più nei momenti di concentrazione. Gli adulti fanno pause caffè o sigaretta, noi pause-risata.
Il Buddhismo ci insegna a essere presenti nel momento. Molto spesso la nostra mente è nel passato o nel futuro, sperando o temendo. Quando accade, non siamo in grado di apprezzare nulla di ciò che sta davanti ai nostri occhi, e possiamo perdere una preziosa opportunità.
Da una prospettiva pedagogica, parliamo di teachable moments, “momenti propizi per l'apprendimento”. Questi avvengono quando da parte degli studenti accade il giusto momento di apertura oppure di comprensione iniziale.
Un buon insegnante non ha paura di mettere da parte dei piani ben progettati per poter sfruttare al meglio momenti del genere. Secondo me è cosa intelligente avere un'idea generale di dove voglio portare la lezione, conservando però la flessibilità necessaria per rispondere a ogni situazione. La miglior preparazione che posso offrire ai miei alunni è imparare a fidarmi della mia stessa mente così da poter essere pienamente presente per loro.
 

"Far propria la visione che tutti gli esseri sono dei buddha ma ancora non se ne sono resi conto – accompagnata dalla comprensione che tutti gli esseri vogliono la felicità e desiderano evitare la sofferenza – funziona come base incredibilmente solida su cui fare affidamento come insegnante scolastico."
 
 
John Christopherson
 
John Christopherson ha incontrato il Buddhismo della Via di Diamante nel 1999, quando ha preso rifugio. Da quel momento ha aiutato a organizzare e gestire il Centro Buddhista di Madison, nel Wisconsin (Usa) ed è stato parte integrante dello sviluppo della Via di Diamante negli Stati Uniti. Attualmente vive a Madison, dove lavora come insegnante di scuola elementare, e risiede con sua moglie, Madelyn, nel Centro Buddhista.
 
 
 
Fonte: John Christopherson - Buddhism Alive in Elementary Classroom, Buddhism Today 20, Fall/Winter 2007
Tradotto da L.F.



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