«Il problema fondamentale è che non è possibile che la mente si conosca da sé, perché colui che cerca, il soggetto, è la mente stessa, e l'oggetto che si propone di esaminare è anch'esso la mente! Questa è una situazione paradossale. Posso cercarmi dappertutto, in tutto il mondo, senza mai riuscire a trovarmi, perché io sono ciò che cerco.
Avremmo lo stesso problema se cercassimo di vedere il nostro volto: gli occhi gli sono molto vicini, ma non possono vederlo così come non possono autoguardarsi. Non riusciamo a conoscere la nostra mente per la semplice ragione che è troppo vicina! Un proverbio del Dharma dice "l'occhio non vede la sua pupilla", e allo stesso modo la nostra mente non ha la capacità di vedersi da sè; è talmente vicina a noi, talmente intima, da non poterla discernere!
Sarà solo aggirando l'ostacolo, ovvero usando uno specchio, che riusciremo a vedere il nostro volto. Proprio come all'occhio serve questo strumento particolare per vedere se stesso, la mente, per studiare se stessa, dovrà ricorrere a un mezzo particolare che volga il ruolo di specchio in cui scoprire il proprio vero volto. Questo mezzo è il Dharma, così come ci viene trasmesso da una guida spirituale. È nella relazione che alimentiamo con l'insegnante e con questo amico spirituale o guida, che la mente a poco a poco si risveglierà alla propria vera natura, superando infine il paradosso iniziale e scoprendo un altro modo di conoscenza. Questa scoperta avviene in diverse pratiche, dette "di meditazione".»
Kalu Rinpoche (1904-1989)
Tratto da La via del Buddha nella tradizione tibetana
C.R.