6 novembre 2016

Un insegnamento sulla compassione

 
In occasione dell'anniversario del parinirvana del XVI Karmapa Rangjung Rigpe Dorje, Sua Santità il XVII Karmapa Trinley Thaye Dorje ha pubblicato sul suo sito l'insegnamento sulla compassione che vi presentiamo.
 
 
ll mahabodhisattva Chandrakirti, vissuto nella prima metà del VII secolo d.C., iniziò la sua celebre opera Madhyamikavatara (“Introduzione alla Via di Mezzo“) con questi versi:

“Gli shravaka* e i pratyekabuddha* sono nati dal re Muni [il Buddha, N.d.T.];
i buddha sono nati dai bodhisattva;
e dalla mente della compassione, dalla non dualità
e dalla bodhicitta sono nati i bodhisattva“.
 
Questa particolare citazione del grande maestro buddhista Chandrakirti fa parte delle mie preghiere e pratiche quotidiane; non solo perché sono un buddhista, ma perché sono un essere umano. La citazione parla alla mia consapevolezza, e questa mi permette di riconoscere, comprendere e accettare che il detto “l’amore vince tutto“ è giustificato. In altre parole, questi quattro versi sono parte della mia pratica quotidiana perché sono veri.

Perché? Perché a livello ultimo quello che importa davvero, quello che porta beneficio è l’autentico prendersi cura degli altri; è solo attraverso l’autentica premura che possiamo trovare la gioia. “Autentico“ significa incondizionato, e “gioia“significa essere libero da ogni forma di ansia e sofferenza, il che in termini buddhisti vuol dire essere libero da karma e klesha (le emozioni di disturbo).

In questa vita in continuo cambiamento e breve, sbrigativa, l’unica cosa valida che possiamo realizzare è la compassione. É la sola cosa significativa che possiamo lasciare agli altri, ed è la sola cosa significativa che portiamo con noi. Non importa quanto grandi siano il potere, il patrimonio, la fama che possiamo aver accumulato, alla fine del capitolo della nostra esistenza, e durante il viaggio da una vita all’altra, la compassione è l’unico dono che portiamo con noi e trasmettiamo agli altri.

La compassione sfugge alla logica e alle leggi della vita, trascendendo nascita, invecchiamento, malattia e morte. É la sola qualità che può aiutarci a comprendere queste quattro fasi della vita non come qualcosa di terribile, ma come verità, impermanenza e natura, aiutandoci quindi a trovare il coraggio per vivere esistenze piene di valore. In modo improvviso, riconoscendo e accettando l’impermanenza della vita, scopriamo in essa molta più gioia, molto più scopo.

La compassione mette al mondo esseri straordinari, come gli shravaka e i pratyekabuddha; sono persone proprio come noi, che però sviluppano il coraggio di lasciar andare la fonte dell’ansia, cioè l’ego che nuoce a tutti gli esseri senzienti. La compassione genera anche altri esseri eccezionali, come i buddha e i bodhisattva, che realizzano l’impavidità che li mette in grado di condividere l’esperienza della compassione con tutti gli esseri senzienti, nonostante sappiano che il loro numero non ha limite.

Pertanto, se desiderassimo riconoscere il valore di qualcosa nella vita, dovrebbe essere proprio la compassione, una compassione che sia incondizionata come l’amore di una madre per il suo unico figlio. Per il bene di suo figlio una madre è disposta a sacrificare persino la sua sua stessa vita. Che tipo di persona potrebbe diventare questo bambino in futuro? Una simile domanda è irrilevante quando si tratta dell’amore e della compassione di una madre.

Possiamo noi vedere la nostra esistenza umana come una preziosa esistenza umana che ci permetta di far tesoro di qualità come questa, e non l’anno prossimo, non domani ma proprio qui, proprio ora.


*Shravaka (sanscr. – tib.: nyenthö): arhat o ascoltatori [N.d.T.]

*Pratyekabuddha (sanscr. – tib.: rang sangye): buddha individuali o realizzatori solitari [N.d.T.]
 
 
Tradotto da C.R.

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