25 aprile 2019

La mente in ritiro – I ritiri nel Buddhismo della Via di Diamante

«La mente in ritiro trova se stessa». Abbiamo pensato di iniziare con questa frase di Lama Ole Nydahl una nuova rubrica mensile dedicata ai ritiri e ai centri di ritiro. A cosa serve staccare dalla routine quotidiana e prendersi del tempo da dedicare in modo intensivo alla meditazione? Come funziona un centro di ritiri? 

Il primo post che vi proponiamo è un'intervista (che verrà pubblicata in due parti) a Karola B. Schneider, una studentessa di Lama Ole che insegna in suo nome da oltre vent'anni e che ha lavorato al progetto del primo centro di ritiri in Germania (Schwarzenberg). Nell'intervista Karola traccia alcune linee guida su come fare un ritiro, offrendo consigli sia sul piano pratico sia sull'atteggiamento mentale necessario.
N.B. L'articolo è pensato per persone che frequentano i centri del Buddhismo della Via di Diamante e hanno già ricevuto delle spiegazioni di base sulle pratiche. 


I ritiri nel Buddhismo della Via di Diamante: come e perché
Di Karola B. Schneider


Intervista realizzata da Sasha Rosenberg e Masha Chlenova durante il tour di insegnamenti di Karola B. Schneider attraverso gli Stati Uniti nel Novembre 2016. 

Lama Ole @ Yogi House Bedulita

Karola, abbiamo molti centri di ritiri sparsi nel mondo, compresi quattro magnifici qui negli Stati Uniti. Le persone stanno cominciando a utilizzarli per ritiri individuali, e tu ne hai fatti molti. Potresti dare qualche consiglio a proposito dei ritiri? Perché, come e quando farli? 

Le mie informazioni sono basate su un'esperienza di lunga data: io stessa ho fatto dei ritiri, vivo in un centro di ritiri e rispondo alle domande di persone che sono interessate a farli.
Come prima cosa ci tengo a dire che i luoghi di ritiro in generale sono davvero una grandiosa opportunità per i praticanti. Non esistono solo per i corsi, ma anche per ritiri individuali. È inoltre buona cosa sostenere la crescita di questi centri per permettere agli amici che vi si recano di stare in un campo di protezione. Una volta l'insegnante consigliava di andare in questa o quella caverna perché era benedetta dai maestri del passato. Tutti i nostri luoghi sono benedetti da Lama Ole e molti anche dal Karmapa Thaye Dorje e altri grandi maestri del nostro lignaggio.
Il primo passo è quello di allontanarvi dalla vostra casa, dalla vostra famiglia, dal vostro partner e dalle vostre abitudini quotidiane. Molti dicono: «Sarebbe meno costoso fare un ritiro a casa». Se non potete proprio permettervelo allora certo, fatelo a casa. Stare in ritiro tuttavia significa che andate a creare una distanza dalle vostre abitudini, e questo comporta che sia buona cosa anche lasciare il posto in cui vi trovate, addirittura anche allontanarvi dal vostro paese. Gli Stati Uniti sono talmente grandi che, se andate in un luogo di ritiri che non sia nella vostra regione, è quasi come lasciare il paese.
Se c'è qualcuno che può assistervi e aiutarvi con il ritiro è un valore aggiunto. Se vi sentite degli yogi indipendenti non ne avrete bisogno, semplicemente andrete all'avventura sapendo che il posto è benedetto da Lama Ole. Fate la vostra scelta in base a come funzionate meglio, dove avete delle connessioni, o magari andate in quel luogo verso cui avete un'apertura particolare perché tutti questi posti sono anche campi di forza di buddha differenti. Tutti conosciamo quella sensazione di pancia: «Wow, adoro così tanto questo luogo!». Certamente rimanere in un posto molto isolato è per tanti una sfida e un test interessante ma in primo luogo i ritiri riguardano il dedicare del tempo alla pratica di meditazione profonda e senza distrazioni.
Se potete fare solo un weekend la scelta cadrà sul centro di ritiri più vicino, che dovrebbe essere raggiungibile in qualche ora. Le persone che stanno ancora facendo le pratiche fondamentali dovrebbero farlo spesso. È un'abitudine molto, molto buona perché il ngöndro dovrebbe essere fatto in modo intensivo una volta ogni tanto, non solo una sessione qua e là ma dandoci dentro davvero. Fatelo diventare come una giornata lavorativa di otto, dieci o dodici ore al giorno. Andate oltre quanto fate di solito. Potrebbe essere utile per le persone che stanno facendo le prime due pratiche portare con sé un amico. È bello tra le sessioni avere delle distrazioni, passare il tempo con gli amici e fare qualcosa di divertente. Nelle prime due pratiche non ce ne stiamo in silenzio, rilassatevi tra una sessione e l'altra. Se state facendo le offerte del mandala e il guru yoga è possibile fare un ritiro chiuso se lo desiderate, ma  non è obbligatorio. Non dovete trasformarlo in un viaggio mentale del tipo «Adesso rimarrò in silenzio, sono così speciale».

Dobbiamo fare qualcosa per prepararci per un ritiro? Se decidiamo di fare una settimana o più dovremmo chiedere la benedizione del Lama?

Per un ritiro di una settimana o più manderei una breve email a Lama Ole.
Inoltre è buona cosa che dentro di voi vi sentiate davvero liberi di andare. Ne parlate con vostro figlio: «Non ti telefonerò per due settimane». Oppure, se vedete che per il bambino non è possibile, magari dite: «Ti telefonerò una volta al giorno». Non c'è una regola fissa su questo tipo di questioni. A volte le abitudini sono così forti che pensate di non potercela fare nemmeno per due settimane. Ma potete! Credo che sia una distanza salutare, anche nel caso di un partner che lascia all'altro la libertà di andare in ritiro. La persona che vi permette di farlo e che vi dà pieno sostegno senza dubbio condivide con voi i meriti. Se siete una coppia e avete un figlio di cui occuparvi, chi dei due rimane a casa e porta avanti le cose è in tutto e per tutto parte del ritiro.
Poi dovete decidere cosa volete fare a proposito dei contatti. Meglio sarebbe non averne, così da non stare seduti tutto il tempo a scrivere email e mandare messaggi.
Non importa quanto sia lungo il vostro ritiro, è davvero un ottimo inizio cominciare con il forte auspicio nella vostra mente che lo state facendo per il beneficio di tutti gli esseri. Alla fine farete una dedica dei meriti, diverse volte. Potete inventarvi un vostro testo o mettere insieme i testi classici e i vostri auspici personali e lo scrivete da qualche parte. State proprio facendo una dichiarazione di intenti. Diciamo: «Dedico questo a...» perché è positivo che il ritiro sia all'interno di una cornice data da questo tipo di atteggiamento.    
Una volta arrivati, preparate il posto in cui mediterete. Potrà essere in un gompa, in una casetta o in qualche altro contesto. È una buona idea portare con voi le vostre immagini – il Lama, il protettore, l'aspetto su cui state meditando – perché non ci sarà tutto. Se volete potete scegliere un aspetto del ritiro leggermente tradizionale, che Hannah raccomandava: iniziate la giornata mettendo sull'altare sette ciotole per le offerte: una di acqua da bere, una di acqua per lavarsi – come se offriste una doccia calda a un ospite – e le altre per fiori, incenso, acqua profumata, cibo e musica. C'è anche un'ottava offerta extra, la luce, sotto forma di candele sull'altare. Potete usare i simboli da tracciare con il riso, ma per quello potreste aver bisogno di una spiegazione, oppure usate semplicemente acqua per tutte le ciotole. La mattina le riempite di acqua e la sera le svuotate e le capovolgete. Questo significa inserire la giornata in una certa cornice. La mattina diciamo: «Buongiorno buddha. Siamo qui». Invitiamo tutti i buddha a essere presenti. La sera li ringraziamo per la splendida giornata e dedichiamo loro i meriti accumulati. 



A questo punto vi sedete a fare un programma. Milarepa non possedeva un orologio. Se volete potete anche usare il sole come riferimento, ma in genere non siamo grandi esperti di natura. Ci sono alcune linee guida generali: fissare un orario per colazione, pranzo e cena ; fare una sessione prima e una dopo colazione, una dopo pranzo e una dopo cena. Di solito le sessioni della mattina e del pomeriggio sono più lunghe, se possibile fate tre ore per ognuna. Si può anche fare una piccola pausa e poi ricominciare, oppure fare una breve interruzione durante la fase del mantra. Potete organizzarvi come vi piace di più, siete persone adulte. 
È una scelta individuale anche l'abbinamento delle diverse pratiche. Se avete terminato il ngöndro almeno una volta, potete iniziare l'intero ritiro con un giro completo di ngöndro, leggendo il testo e facendo la meditazione di tutte le quattro pratiche, una per una (in realtà è un unico testo, ma per comprenderlo meglio ora lo stampiamo in quattro libretti). Con questa modalità, si comincia un ritiro sul guru yoga riportando alla mente quanto si ha compreso dell'essenza di ognuna di queste quattro pratiche. Se è un ritiro sull'VIII Karmapa, è cosa buona mettere enfasi sulla pratica dell'VIII Karmapa. Se volete concentrarvi su un secondo giro di pratiche preliminari, la sessione dell'VIII Karmapa può essere l'ultima, per terminare la giornata con la sua benedizione. Al momento molte persone stanno facendo insieme sia il secondo ngöndro che l'VIII Karmapa. Ci sono parecchie opzioni se si sceglie di fare così. La cosa principale è sedersi e abituarsi alla meditazione. Bisognerebbe spingersi oltre i propri limiti e al tempo stesso evitare di diventare troppo rigidi o assonnati a causa di sessioni troppo lunghe. Il punto è imparare a rimanere con un senso di purezza in ogni momento: durante le sessioni e tra una sessione e l'altra. 

Nella vita quotidiana siamo abituati a praticare in base al nostro orologio, e anche quando cerchiamo di rimanere concentrati sulla pratica, l'orologio esteriore ci ricorda che dobbiamo fermarci per andare a lavorare. 

Sì, durante i ritiri vi viene finalmente permesso di dimenticare le preoccupazioni del quotidiano. Anche durante i corsi Lama Ole ogni tanto fa questa battuta: «Devo fermarmi, adesso vogliono darvi da mangiare». Nei ritiri tutto questo non è necessario, se siete profondamente ispirati o semplicemente vi dimenticate di fermarvi nessuno se ne cura. È un lusso. 

Ho sentito alcune persone raccontare che, quando erano in un ritiro chiuso, hanno perso la cognizione del giorno e della notte. Va bene o è meglio seguire il ritmo naturale della giornata?

Siate spontanei e basta. Una volta ho fatto un ritiro e c'erano a disposizione un grande letto comodo e una panca dura scomodissima. Lama Ole si è guardato intorno, ha indicato la panca e ha detto: «Questo è un buon posto dove dormire durante il tuo ritiro». Praticamente così mi ha rovinato le notti. È un'esperienza interessante perché ti rigiri su un fianco e poi sull'altro e pensi «Non sto dormendo», quindi tanto vale alzarsi e dimorare nella tua mente o fare auspici. Puoi anche tenere una candela accesa durante la notte, così ogni volta che ti svegli vedi sull'altare il viso amorevole del tuo Lama.    



Si può fare qualche volta la meditazione della chiara luce? Nella vita di tutti i giorni può rendere difficile funzionare bene il giorno dopo. 

Succede solo nella vita quotidiana. Se siete in ritiro, più che altro avrete meno bisogno di dormire. Si dice che, se si ripuliscono i canali energetici, si ha bisogno di pochissimo sonno. Cercate però di andarci piano, dormite poco solo se accade in maniera spontanea. Dovete essere funzionali anche dopo la settimana di ritiro. 

Siamo animali sociali. Quando facciamo un ritiro portiamo con noi questo bisogno di interazione sociale, ma non ce n'è. Diverse persone parlano di questo momento quasi di paura, la paura di stare da soli, in particolare se si è in un posto selvaggio. 

Sicuramente è un'esperienza che tutti attraversano quando vanno a fare un ritiro, perché non sperimentiamo quasi mai questa solitudine. Si tratta di un passo consapevole verso questo tipo di esperienza. Credo che ciò che davvero aiuti in quel momento sia il percepire che, attraverso il nostro atteggiamento, siamo totalmente connessi gli uni con gli altri. Quando vai in ritiro tutto il tuo sangha ne è a conoscenza, ed è quindi di grande esempio per gli altri. Una parte importante del ritiro è proprio fare auspici per i nostri progetti e per il benessere di coloro che amiamo e del sangha, perché lo spazio è un contenitore e non qualcosa che ci separa l'uno dall'altro. La compassione è la risposta.



Karola B. Schneider
Nata nel 1962, ha preso rifugio nel 1978 e ha iniziato a insegnare Buddhismo nel 1992 per due, tre mesi all'anno. Specialista di Medicina Tradizionale Cinese (Mtc) dal 1992, insieme ad alcuni amici ha fondato il primo centro di ritiri tedesco a Schwarzenberg. Ha vissuto al centro per più di dieci anni e insegna Mtc in Austria, Svizzera e Germania.






Fonte: Karola B. Schneider The How and Why of Retreats in Diamond Way Buddhism, Buddhism Today 39, Spring/Summer 2017
Tradotto da L.F.
http://www.facebook.com/yogihousebedulita

   

17 aprile 2019

In memoriam – Hannah Nydahl


Oggi Hannah Nydahl avrebbe compiuto 73 anni. La ricordiamo con un passaggio tratto da un'intervista in cui rievocava i primi passi dell'instancabile lavoro svolto con Lama Ole per portare il Buddhismo della Via di Diamante in Occidente. 

Come è successo che hai trascorso così tanto tempo in Asia?

Ole e io siamo andati in Asia per la prima volta negli anni Sessanta, siamo entrati in connessione con il Buddhismo e siamo rimasti lì per qualche anno. All'epoca il Buddhismo tibetano non era affatto presente nei paesi occidentali e quindi il legame con l'Oriente era ancora molto importante. Il mio ruolo è diventato quello di tradurre per i Lama tibetani e di aiutarli a pianificare i loro programmi. Inoltre, per molto tempo Ole e io abbiamo organizzato dei tour di pellegrinaggio in Oriente che si svolgevano ogni anno o due, prendevamo con noi circa cento persone per volta. Questo mi ha messo in stretto contatto con l'Asia. Negli ultimi cinque anni, poi, ho lavorato come traduttrice per gli insegnanti tibetani presso il Kibi (Karmapa International Buddhist Institute) a New Delhi.
Per le persone che oggi intraprendono il percorso buddhista la situazione è molto differente. Puoi diventare buddhista nel tuo paese, imparare e praticare ogni cosa nel tuo paese. Può essere utile per il tuo sviluppo andare in pellegrinaggio e visitare dei luoghi che portano una benedizione speciale come ad esempio Bodhgaya, il posto dove il Buddha ha raggiunto l'illuminazione. Ma non è necessario andare a vivere in Oriente. Io stessa vado in Asia solo quando ho del lavoro da fare lì. 

Come hai imparato il tibetano?

Alla fine degli anni Sessanta, quando abbiamo incontrato il Buddhismo, pochissimi testi erano stati tradotti e pochi insegnanti parlavano in inglese. Abbiamo dovuto imparare il tibetano noi stessi, io ho iniziato imparando l'alfabeto da Tarab Tulku all'università, in Danimarca. Successivamente, mentre ci trovavamo in India, nella regione himalayana, e stavamo facendo la nostra pratica, abbiamo dovuto tradurre noi stessi tutti i testi di meditazione. Quando abbiamo fatto il ngöndro abbiamo iniziato con il testo delle prosternazioni; cercavo quasi ogni parola nel dizionario e lentamente traducevo il testo. È stato così anche con le altre parti del ngöndro. In quel periodo ci trovavamo in un contesto simile a quello di un ritiro e non parlavamo molto con le persone, quindi non avevamo nessuna occasione di praticare il tibetano parlato. Per esercitarci nel parlare dovevamo stare nei campi profughi tibetani e lì nessuno conosceva l'inglese.
In seguito abbiamo invitato i Lama in Europa, e dato che non c'era nessuno che traducesse ho dovuto imparare meglio il tibetano per poter tradurre per loro. È stato un processo naturale. Tradurre è diventato parte del mio ruolo. Ole, invece, si è dedicato all'attività di insegnamento, lui è un insegnante nato ma non è un traduttore nato [Hannah ride]. Se dovesse tradurre lui darebbe un insegnamento tutto suo [continua a ridere]. In questo modo le cose hanno funzionato bene.
Di nuovo, la situazione oggi è parecchio diversa. Ora molti insegnamenti e testi sono stati tradotti e ci sono molti traduttori a disposizione, quindi una persona può praticare il Buddhismo tibetano senza conoscere la lingua tibetano e non avere problemi.  

Come e quando hai deciso di rinunciare al ruolo familiare tradizionale? È successo nei primi tempi del vostro matrimonio?

Quando siamo andati in Asia per la nostra luna di miele e abbiamo incontrato il Buddhismo, siamo rimasti lì diversi anni per imparare e praticare in modo intensivo gli insegnamenti buddhisti. Successivamente siamo stati messi nella posizione di lavorare a tempo pieno per il Dharma. Sua Santità il XVI Karmapa è stato molto preciso nelle istruzioni che ci ha dato: voleva che tornassimo in Europa e lavorassimo per il Dharma. A quei tempi non era possibile coniugare questa attività con una normale vita familiare, si trattava di fare una scelta. La decisione è stata semplice: ci sono abbastanza bambini in questo mondo e quello che noi stavamo facendo in quel periodo era più importante rispetto ad avere dei figli nostri. Oggi la situazione è differente, diventare buddhista non significa cambiare il proprio stile di vita come abbiamo fatto noi. 

Tu e Ole siete stati le persone che hanno effettivamente portato il Buddhismo tibetano in Europa.

È diventata una nostra responsabilità perché allora non c'era alcun tipo di Buddhismo tibetano a disposizione in Europa. Il nostro sviluppo non è stato uno sviluppo tipico, si è trattato di una funzione specifica in un momento specifico. 


Tratto da un'intervista rilasciata a Kagyü Life International nel 1995
Tradotto da C.R.

13 aprile 2019

Essere e non essere


«Quando pensi allo spazio, lo spazio è presente. Lo spazio è potenziale. Normalmente pensiamo che qualcosa c'è oppure non c'è. Abbiamo questa convinzione fin dai tempi di Amleto che diceva: "Essere o non essere". Questa è l'esperienza comune della gente, ma sia il Buddha sia la scienza ci dicono qualcosa di diverso. La scienza ha frantumato l'atomo in particelle sempre più minuscole – quark, gluoni, leptoni – finché non resta altro che spazio. La scienza ha anche costruito piccoli contenitori, completamente privi di particelle al loro interno, e ha dimostrato che nuove particelle vi appaiono spontaneamente.
Oggi la domanda relativa all'esistenza o non esistenza appare molto diversa. Oggi Amleto direbbe: "Essere e non essere". Sarebbe una frase meno melodrammatica, ma in completo accordo con la scienza moderna. Magari ci sarebbe un po' troppa leggerezza davanti al teschio di un vecchio amico, ma sarebbe decisamente un'espressione più realistica. La scienza contemporanea ci propone sempre più chiaramente la visione di un'unica totalità che si esprime a volte come spazio e informazione, senza nulla di tangibile, e che a volte appare come forma e libero gioco. Sono un'esperienza e un punto di vista molto gioiosi, che corrispondono compiutamente all'autentico significato degli insegnamenti.»


Lama Ole Nydahl
Tratto da Domande e risposte con Lama Ole Nydahl

7 aprile 2019

Un canto adamantino di Rechungpa


«Nel corso del suo viaggio verso l'India, mentre si trovava tra Nepal e India, Jestün Rechungpa non riuscì a trovare dei compagni di viaggio e si fermò quindi in Nepal per passare l'inverno. [...]
All'arrivo della primavera, decise di chiedere al Re del Nepal un permesso di viaggio per potersi recare in India. Portò come dono la coda di uno yak bianco, un blocco di muschio e due grammi d'oro, e chiese un'udienza.
Gli dissero: "Voi stupidi tibetani non siete degni di essere ricevuti dal Re."
Lo yogi rispose: "Magari il Re potrebbe uscire sul tetto del palazzo. Ho qualcosa di importante da chiedere."
Il Re del Nepal si presentò sul tetto del palazzo. Rechungpa offrì i tre doni e intonò questo canto:
"Se la fortezza della visione è alta o meno
sarà evidente quando sarai circondato dalle truppe dei preconcetti.
Se la montagna della meditazione è salda o meno
sarà evidente quando rimarrai in ritiro a lungo.
Se il nuotatore dell'azione è valido o meno
sarà evidente quando attraverserai il fiume degli otto dharma mondani.
Se lo stallone dello sforzo è veloce o meno
sarà evidente quando galopperai sulla piana della pigrizia.
Se il nodo dell'avidità è allentato o meno
sarà evidente quando ti imbatterai nella ricchezza materiale.
Se la spada della prajna [conoscenza] è affilata o meno
sarà evidente quando menerai fendenti con la logica e l'autorità scritturale.
Se la legge del Re è applicata rigidamente o meno
sarà evidente quando Rechungpa andrà in India."
Così cantò Rechungpa.
Il Re chiese: "Sei tu lo studente di Milarepa chiamato Rechungpa?"
Lo yogi rispose: "Sono io."
Il Re del Nepal, quindi, gli diede un permesso di viaggio e restituì tutti i doni, dicendo: "Prendi qualsiasi provvista di cui hai bisogno e prendi con te tutti quelli che vogliono andare in India, non importa quanti siano."
Rechungpa prese con sé un centinaio di persone e partì.»

Tratto da The Rain of Wisdom
Immagine: Rechungpa – courtesy of https://www.himalayanart.org
Tradotto da C.R.