26 aprile 2011

Addio, Via Pignolo!!


E’ stata la nostra sede dal 2007. In questo posto il gruppo è cresciuto, si è fatto più forte. Quante persone sono passate: alcuni solo per una sera (li abbiamo forse spaventati?!), c’è chi è stato con noi per un po’ e poi ha preso altre strade, qualcuno è rimasto. Ci sono passati bravissimi travelling teacher. Addio al percorso un po’ tortuoso per arrivare alla porta del centro, qualcuno forse lo abbiamo perso proprio così. Addio al dover allestire la sala tutte le volte, al dover sistemare le nostre cose e poi sbaraccare a fine serata, un po’ come dei meditatori clandestini. Alla scatola dello shop, che Paolo trascinava sul parquet porconando e lamentandosi, e negli ultimi tempi iniziava ormai a perdere pezzi. Addio al pouf bordeaux, che all’inizio usavamo come supporto per immagini e statue. Al dover portar su e giù dal soppalco il quadro di Karmapa, che durante la settimana rimaneva abbandonato in mezzo a vecchi mobili e altri oggetti impolverati: Carlo era stato nominato sua “tata”. Addio alle armi, le spade di legno degli studenti di Tai Chi Chuan, perché se le spostavamo di due soli millimetri rischiavamo dei mega-cazziatoni, e forse di essere mutilati con le stesse. Addio al sentirsi un po’ costretti e frustrati, per avere a disposizione una sala solo per poche ore alla settimana. Al girare di casa in casa, come un Sangha errabondo, per fare insieme il Ngöndro. Addio al Marienplatz: lì abbiamo chiacchierato, riso, mangiato & sbevazzato. Addio alle sue musichette bavaresi!! Addio, soprattutto, alle coperte “pulciose”, forse il motivo principale per cui Marzia ha fatto pressioni perché cambiassimo sede!! Ai 6 cuscini rigidi che tutte le volte erano oggetto di aspre contese tra Sergio G, Marco, Paolo e Luigi.
Ieri è stata l’ultima sera, lì. Il nostro Sangha inizia a scrivere un altro capitolo della sua storia, su un altro tavolo, su un altro quaderno. Ma sappiamo già che ci aspetta qualcosa di grandioso!!


C.R.

17 aprile 2011

FASE 1: GLI IMBIANCHINI DEL DHARMA


Nei centri della Via di Diamante si sente spesso dire che nelle nostre meditazioni non si cerca di ottenere un effetto “muro bianco”: un gruppetto di Kagyu bergamaschi, riunitosi in un assolato sabato mattina, ha invece cercato espressamente questo effetto. Non stiamo parlando qui di uno stato un po’ sonnolento e di scarsa consapevolezza, ma di qualcosa di molto concreto: i muri del nuovo centro devono passare dal bianco sporco, con segni di scaffali e toppe varie, a un bianco purissimo e scintillante.
Piccola parentesi: vi avevamo raccontato che il posto prima era un sexy shop? Vi sconvolge questa notizia? Noi rimaniamo un po’ sconvolti da uno dei pochi residui della precedente attività: un neon viola!!
Incellofaniamo tutto, dai pavimenti ai caloriferi ai vibratori (ehm..no, questi non c’erano). Ci vestiamo come i RIS sulla scena di un delitto, ma finiamo per ritrovarci con i pantaloni delle tute a cavallo basso e sembriamo più dei rapperz un po’ sfigati (in stile Mc Hammer nel video di U can’t touch this per darvi un’idea..), per non parlare ovviamente del fatto che riusciamo comunque a imbrattarci le facce, i vestiti, le suole delle scarpe (???). Marco ha comprato una pittura iper-coprente mono-mano super-sbiancante e densa, talmente densa che si potrebbe quasi pitturare a cazzuolate, e questo compromette subito le nostre (già discutibili) forze. I fumi chimici iniziano a creare strani effetti: parte una rassegna di canti molto retrò, dai fascisti ai partigiani, da inni dei reparti dell’esercito a canzoni goliardiche, in pratica mancavano solo i canti delle mondine!!  Incontriamo i primi ostacoli: Paolo lo stuccatore realizza che i muri presentano delle crepe da scenario post-bellico, e infine scopriamo una colonna stregata che respinge tutti i nostri tentativi di pitturarla (Luigi la ribattezza giustamente “colonna infame”, con citazione manzoniana). Il lavoro procede, più o meno spedito: si pitta col rullo e col pennello, si sale e si scende la scala (a norma mi raccomando!!!), si fa una pausa sigaretta e una pausa merenda, ci si dà qualche pennellata a tradimento, etc etc. Nel delirio finale, Paolo si auto-convince di essere un maestro di bottega del XV sec.  con tanto di garzoni e commesse papali.

Risultato: il lunedì successivo Alberto, il capo-cantiere ufficiale, ci cazzia per tutta una serie di mostruosità che abbiamo commesso. Cito solo la più scandalosa: iniziamo i lavori con la solida e unanime decisione di non pitturare il soffitto, tanto da mettere lo scotch su tutto il perimetro in modo da evitare che parta qualche colpo di pennello accidentale (cosa che accade comunque), e rimaniamo fermi su questa scelta anche quando ormai c’è un nettissimo contrasto tra il bianco delle pareti e il grigio del soffitto!!
Siamo però fortunati: il fratello di Marzia, molto più competente, animato da compassione o forse da disgusto di fronte al nostro scadente lavoro, decide di offrirci il suo prezioso aiuto.

Causa + effetto: se sabato Paolo lascia il centro tirando un calcio ai cellophane, lunedì Alberto inciampa e poi ci cazzia!!

..a breve un video sulla prima giornata di lavori al centro..


C.R.

12 aprile 2011

WE GOT IT!!!! MEMENTO AUDERE SEMPER

Ok, abbiamo tenuto l’acqua in bocca fino ad ora, anche perché l’”escursione a sorpresa” con Bernhard doveva svolgersi proprio lì (spostata poi altrove per problemi tecnici, nello specifico con gli allacciamenti per l’Illuminazione), ma è arrivato il momento di comunicarvelo: il centro di Bergamo ha un centro, cioè una sede, cioè un posto suo, ma suo suo, 7 giorni su 7 e 24 ore su 24!!! La ricerca è stata snervante, abbiamo recitato milioni di mantra (e non è un’iperbole), siamo passati attraverso aspettative e frustrazioni, ma finalmente lo spazio ci ha messo tra le mani questa preziosa opportunità. Dove? A Ponteranica, ma a pochi metri dal confine con Bergamo, come mostra la foto (anche se di fatto è stata scattata da un bar lì vicino, ehm), in un posto raggiungibilissimo con lo sfondo di colli e colline. Quando? Stiamo lavorando come pazzi per traslocare negli ultimi giorni di aprile.
Questa volta abbiamo anche la prova provatissima: foto di Marzia che firma il contratto..Oppure la signora l’ha riconosciuta quale famosa travelling teacher e le ha chiesto un autografo?!
Quindi: stay tuned per aggiornamenti sui lavori, su feste, inaugurazioni e quant’altro. Il progetto Memento continua, più impavido che mai…


C.R.




Perchè Memento Audere Semper?
Il motto Memento Audere Semper (Ricorda di osare sempre) fu coniato nel 1918 dal poeta italiano Gabriele D’Annunzio. Nella maggior parte delle persone, questo motto purtroppo richiama alla mente immagini di guerra associate ad un periodo di sofferenza, in particolare in connessione con l'ultimo conflitto mondiale.
Perché allora scegliere una frase di questo genere per rappresentarci? Non si tratta certo di una scelta fatta in base ad un orientamento politico.
Di proposito, infatti,  la traduzione del motto dal latino è stata invertita ed è diventata Ricordati sempre di osare.
Abbiamo volutamente posto l’accento su sempre perché per noi è importante andare sempre oltre i nostri limiti con consapevolezza, ricordandoci che la nostra non è una sfida all’impossibile dettata dal desiderio di raggiungere la gloria per noi stessi a tutti i costi - è invece una sfida per il bene di tutti gli esseri.
Noi possiamo osare perché abbiamo fiducia nel Lama, nella condizione ultima, negli insegnamenti e in coloro che compiono il nostro stesso percorso. Quindi...memento!

1 aprile 2011

24-26/03: weekend a Torretta. Report


24 marzo 2011: una delegazione di Bergamaschi Adamantini si mette in viaggio alla volta di Torretta, nell’entroterra ligure. La missione: potare gli ulivi nella proprietà di Dieter, un Kagyu tedesco intenzionato a stabilirvi una nuova sede della Via di Diamante. Potare ulivi? Ma ne siamo veramente capaci? Per un insondabile destino, i bergamaschi non possono che essere attratti da qualcosa che ha a che fare con il “pota”. Amici del Sangha e parenti vari ci affidano una missione secondaria: portare a casa focaccia e chinotto.
Superato lo stressante traffico milanese, e superata una serie infinita di lavori in corso in Liguria, dopo qualche pausa (caffè+sigaretta+merenda), e dopo essersi persi nei paesini, i Nostri arrivano finalmente da Dieter. Ci prende un mezzo infarto nel constatare quanto sia grande l’estensione di terra, e soprattutto la notizia che gli ulivi sono 90!!!
Fortunatamente, Dieter ha immaginato la nostra totale ignoranza e incapacità nel settore, e ha pensato di affiancarci un suo amico ligure, Alfredo, esperto olivicoltore, preziosa fonte di spiegazioni e aneddoti. Innanzitutto ci racconta che il primo a potare non è stato un essere umano bensì un asino, mangiucchiando i rami delle piante. Beh, se l’ha fatto anche un asino possiamo farcela anche noi, no?! No?!
Ci mettiamo al lavoro: nel giro di 3 giorni riusciamo a tagliarci con gli attrezzi, rovinarci braccia e gambe nei rovi (e mettere i pantaloni corti non aiuta, vero?), abbronzarci ai limiti dell’ustione, farci mordere da insetti, Paolo si ritrova nelle mani e nei guanti spine di una pianta extra-terrestre intelligente, Carlo perde quasi un piede a causa del “podet” sfuggito dalla mano di Alfredo. So che non ci fa onore, ma l’ultimo giorno diventava difficile reggersi in piedi, continuavamo a scivolare sull’erba e sembravamo i protagonisti di una comica degli anni ’10.  
La Rocca di San Fedele:
costruita dal Conte, smontata dagli abitanti
Il posto: stupendo. Davvero complimenti a Dieter, che ci racconta di aver comprato la proprietà praticamente alla cieca, essendo da tempo abbandonata e quindi con una vegetazione da giungla. Colline ricoperte di ulivi (ahinoi), punteggiate da minuscoli agglomerati di case, il tutto appena dietro al mare. Un silenzio totale, pacificante, interrotto solo dal chiamarsi di uccelli e altri animali, con il sottofondo dello scorrere di un fiumiciattolo giù nella valle. Ti siedi nel bosco, senti solo il rumore del tuo respiro, in qualche modo senti che tutte le cose respirano insieme a te, e diventa così facile comprendere che ogni atomo vibra di gioia ed è tenuto insieme dall’amore. E una quantità di stelle che lascia senza fiato, inconcepibile per chi è abituato alla grigia pianura padana, così tante da far luce.

La Chiesa di San Gerundio:
10.000 mq per 20 abitanti
La missione? Beh, era molto al di là delle nostre potenzialità, soprattutto tenendo conto della breve permanenza: qualche ulivo è stato potato, e abbiamo fatto una pulizia generale con annesso falò.
Ma soprattutto: focaccia e chinotto? Ehm…noi ci abbiamo provato, ma i negozi liguri (quanto meno quelli che abbiamo trovato) fanno un orario strano, chiudendo dopo pranzo e riaprendo alle 17…ci attiriamo la collera di amici e parenti, che però sono contenti di vederci tornare più o meno sani e salvi.
Sulla via del ritorno siamo stanchi ma soddisfatti, e immaginiamo la futura piccola valle Kagyu…In particolare ipotizziamo un nuovo brand di olio Kagyu, con la pubblicità in cui Paolo salta la staccionata per far vedere che è in forma nonostante l’età, ma si incricca la schiena.
Un grazie a Torretta e un enorme grazie a Dieter per l’ospitalità! Ci chiamerà ancora per la raccolta delle olive, o abbiamo dato una pessima prova??

PS: la Rocca di San Fedele e la Chiesa di San Gerundio non si chiamano affatto così, ma sono state ribattezzate da Paolo




C.R.